Un
mediocre autore di romanzi d'avventura scrisse, nel 1898, un libro
in cui si racconta la storia di un transatlantico, che finisce
in rotta di collisione con un iceberg e affonda. I due terzi dei
passeggeri a bordo trovano la morte in mare perché le scialuppe
di salvataggio non sono in numero sufficiente. Il
tutto si svolge in poche ore, durante il viaggio inaugurale della
grande nave, pochissimo tempo dopo la pomposa cerimonia del varo.
Lo scrittore del romanzo era, ed è rimasto, ignoto. Un
minimo di fama (postuma) gli è venuta dal mondo della parapsicologia
più che da quello della letteratura.
L'ignoto
romanziere si chiamava Morgan Robertson; il piroscafo del suo
viaggio immaginario tra i ghiacci dei mari del Nord si chiamava
Titan.
Il tonnellaggio, il numero dei passeggeri, il numero delle imbarcazioni
di salvataggio, il numero dei morti e dei sopravvissuti, sono
tutti... incredibilmente simili ai numeri di un'altra nave, realmente
esistita e realmente calata a picco per l'urto con un icesberg.
Stavolta
il viaggio non fu immaginario. Il piroscafo non si chiamava Titan,
ma si chiamava Titanic. Il
Titanic affondò nel 1912. Morgan Robertson aveva raccontato
(o predetto) tutto, 14 anni prima. Forse
è un caso. Ma il caso esiste?
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testi e grafica di: leonardo d'erasmo