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Il
teschio di cristallo dei Maya è fatto di un materiale
duro quasi come il diamante e ciò nonostante fu scolpito
in un tempo molto antico, e con una tecnica di incisione che appare
ancor oggi evolutissima. I test compiuti dopo il ritrovamento
da un laboratorio specializzato (in California) dettero due risultati
sconcertanti: 1. Il materiale impiegato per la scultura, il cristallo
di rocca, non è presente nel luogo del rinvenimento (l'Honduras);
2. Nei secoli passati - quelli della civiltà precolombiana
cui il teschio appartiene - un lavoro di taglio così preciso
avrebbe richiesto almeno due secoli di diligente attività
da parte di artigiani esperti.
A
trovarlo, nel 1927, fu una ragazza di 17 anni, Anna Mitchell Hodges,
figlia adottiva di Frederick Mitchell Hodges. Lui era un archeologo
dilettante fermamente convinto che la mitica civiltà di
Atlantide fosse realmente esistita. La cercò nel territorio
dei Maya, la popolazione del sud America prossima alla nazione
degli Atzechi, la cui cultura rimane ancora sconosciuta e misteriosa.
Anna
trovò fortuitamente il cristallo lavorato in Belize, e
precisamente nella città maya di Labaanatum, in due momenti
diversi: la parte superiore, prima, e la mandibola, poi, ad una
distanza di pochi metri. Le dimensioni sono quelle di un cranio
umano, ma in tanti hanno visto in quell'oggetto qualcosa di più
di un plastico ad uso oracolare, divinatorio o cerimoniale.
Alcuni
affermano infatti che è un oggetto magico e misterioso,
una specie di cranio vivente.
Quelli
che hanno osservato da vicino il teschio descrivono stati alterati
di coscienza:
- Qualcuno
dice che cambia colore;
- altri
affermano che determina sensazioni strane di caldo e freddo, percezioni
di suoni e profumi insoliti;
- altri
ancora parlano di visioni di fantasmi.
Questo
è forse possibile. A Londra, qualche anno fa, alcuni
psicologi coordinati da Richard Wiseman, hanno osservato che
in perfetta buona fede alcune persone possono credere di aver
visto spettri e fantasmi per condizioni ambientali caratterizzate
da campi magnetici.
E
infatti, nei luoghi "più infestati" d'Inghilterra
(in edifici storici di Londra ed Edinburgo) le variazioni
dei campi magnetici risultano più forti della media.
Le
variazioni dei campi magnetici - a quanto pare - possono verificarsi
anche in prossimità in presenza di minerali come, appunto,
il cristallo di rocca.
Per
questo, forse, molti sostengono che il teschio dei Maya ha un
potere malefico, così come altri affermano esattamente
il contrario. Tra questi ultimi c'erano - ovviamente - i Mitchell
Hodges: Frederick soprattutto, il quale diceva anzi che la vicinanza
del teschio di cristallo lo aveva salvato da situazioni di pericolo,
come quando qualcuno aveva tentato inutilmente di ucciderlo.
Superstizioni
e suggestioni a parte, il teschio di cristallo dei Maya - che
è il primo di altri ritrovamenti simili - è veramente
misterioso e per varie ragioni. Sembrerebbe un oggetto ad uso
magico-religioso anche per il fatto che da sempre il cristallo,
per la sua nobile trasparenza, è stato visto come una
sorta di tramite tra il mondo dei viventi e quello occulto dei
morti e degli dei, ma proviene dalla misteriosa civiltà
del sud America che precede la scoperta di Colombo. Sono i luoghi
di altri misteri: quello delle piste
di Nazca, dove c'è dall'alto il percorso sinuoso
di quelle che sembrano di decollo e atterraggio (visibili solo
dall'alto) per astronavi della preistoria?
Sono gli stessi luoghi in cui si formò il cosiddetto
calendario Maya,
un sistema previsionale di circa 5.000 anni fa che avrebbe indicato
l'eclissi solare dell'11 agosto 1999 con un margine di errore
di soli 33 secondi e che purtroppo pronostica la fine del mondo
per il 21 dicembre 2012, soltanto fra 4 anni.
Al
di la della tenebra che viene dalla profezie, il fatto certo
sembra essere un altro. Dal Nuovo Mondo arriva un messaggio
molto antico, che riguarda l'antropologia e la storia forse
più che la parapsicologia e l'ufologia: le civiltà
passate avevano - a quanto pare - conoscenze e cognizioni tecnico-scientifiche
non inferiori alle nostre.
©
testi
e grafica di: leonardo d'erasmo
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