Quello
della felicità è un argomento serio e dalle molte facce.
Bertrand Russell, che è stato uno dei più grandi
filosofi del Novecento, scrisse un importante libro sull'argomento.
In un capitolo di questo saggio, si racconta la semplice vita di un
umile pescatore in Asia. Era un uomo molto felice perché alla
fine del lavoro (momento che attendeva con ansia) si sedeva a riordinare
la sua collezione di vecchie conchiglie.
Da
questa storiella vengono fuori diverse grandi verità. La prima
è che non è male attendere con ansia la fine del lavoro,
perché ciò vuol dire che ti aspetti di fare qualcosa di
più gradevole, ed hai una vita tua, che supera la routine. La
seconda è che la felicità può derivare da piccole
cose, apparentemente semplici ed insignificnti. La terza è la
lezione più importante: la felicità non è, e non
può essere, uno stato di continuo godimento. Se questo si riuscisse
ad ottenere, finirebbe per annoiare.
Scrisse
Epicuro che la felicità è equilibrio di piacere
e dolore, e che può arrivare solo dopo un periodo più
o meno lungo di attesa.
Dopo
il lavoro
Sarebbe
auspicabile che ognuno facesse il lavoro che più gli piace e
che riuscisse a far coincidere il lavoro stesso con il più gradito
degli hobbyes, ma questo non è quasi mai possibile. Siamo costretti
quasi tutti a fare, di mattina, qualcosa che serve a procurarci da vivere.
Nel pomeriggio allora, facciamo ciò che ci piace. L'uscita dall'ufficio
sarà già un momento di felicità, perché
potremo pregustare il piacere di una attività piacevole. Pregustare
è importante, e i cinesi dicono che una buona pietanza si mangia
con gli occhi, prima che con la bocca.
Troviamo
allora un passatempo che ci impegni a superare noi stessi, ogni giorno.
Facciamo il caso semplice di una persona che si dedica a collezionare
monete antiche. Cercare, ad esempio, una sterlina del 1850 metterà
alla prova il suo intelletto e terrà viva la sua intelligenza.
Trovare quella moneta gli darà grande soddisfazione. Sarà
la prova che ha cercato bene. Nel frattempo avrà eliminato anche
i tempi morti del non sapere che fare.
L'equilibrio
di piacere e dolore
Il
piccolo esempio che precede rende giustizia alla tesi di Epicuro: la
felicità è, prima di tutto, attesa della felicità.
Una persona che ha sete e che non riesce a trovare un po' d'acqua avrà
un piacere raddoppiato nel bere, dopo una lunga attesa. Il soddisfacimento
di un bisogno fisico sarà anche motivo di felicità. Colui
che avesse subito a disposizione una bottiglia d'acqua, placherebbe
soltanto la sete.
L'accontentarsi
di piccole cose
Non
è una regola generale e valida per tutti quella che consiglia
di accontentarsi di piccole cose. Il concetto è molto evoluto
e non va, in nessun caso, confuso con l'idea di rassegnazione. La persona
rassegnata non può essere felice, perché è costretta
ad accettare una condizione umile. L'esempio del pescatore di conchiglie
vuol dire, invece, che si può desiderare il poco perché
si può valutarlo come una cosa importante. E' chiaro che un atteggiamento
di questo genere è indice di grande saggezza e di un pensiero
che reputa inutile, nella brevità della vita, cercare successi,
che possono poi risultare effimeri.
Questa
è la felicità. Ma, cos'è
l'infelicità? E poi, è veramente un male cercare
il successo?