Ne
'I promessi sposi' c'è un'altra spiegazione della paura, riferita
al personaggio più pavido che la letteratura abbia mai descritto.
Don Abbondio ha tutte le ragioni per temere don Rodrigo, ma
la sua paura è esagerata e vile. Nello stesso romanzo, e nella
stessa situazione del prete, si trova fra' Cristoforo, che però
si comporta diversamente.
'Il
coraggio, uno, se non ce l'ha, mica se lo può dare', dice
Manzoni giustificando il suo personaggio. La frase è efficace,
ma non è del tutto giusta. La paura non è una condanna
del destino, né una condizione caratteriale. E' la voglia di
non vivere.
Tante
volte il pauroso non ha timore delle conseguenze del suo eventuale
gesto audace, ma solo del cambiamento che questo produrrebbe. 'Il
coraggio, uno, se non ce l'ha...' diventa in questi casi una comoda
autogiustificazione.
Nel
romanzo di Manzoni, una ritorsione di don Rodrigo colpirà effettivamente
il coraggioso fra' Cristoforo, che verrà trasferito in un lontano
convento.
Il
pavido don Abbondio, invece, non subirà vendette e potrà
tranquillamente continuare le sue letture serali sui libri che parlano
di Carneade. E' questa la verità: il prete non saprebbe gestire
una situazione nuova, come un cambio di paese e di parrocchia.
Tante
volte abbiamo paura del nuovo, mentre crediamo di avere paura di una
persona. Tante volte si preferisce l'abitudine all'avventura. Ma la
tranquillità è cosa molto diversa dalla felicità,
che è conseguenza di alti e bassi e di cambiamenti. L'abitudine
è solo attesa della vecchiaia, e, quindi, una anticipazione
della morte.
'Ma,
se uno il coraggio non ce l'ha, mica se lo può dare?'